Manlio Dinucci
Nella dichiarazione del Summit di Lisbona, i capi di stato e di governo dei paesi della Nato hanno annunciato ieri di aver «deciso di sviluppare una capacità di difesa missilistica per proteggere tutte le popolazioni europee della Nato, il loro territorio e le loro forze, e invitato la Russia a cooperare con noi». Rientra quindi dalla finestra quello che era uscito dalla porta, ossia il piano originario dello «scudo» antimissili, che il segretario alla difesa Robert Gates aveva raccomandato al presidente Obama di scartare per sostituirlo con uno «più adatto». E’ questo nuovo «scudo» che viene ora accettato dagli alleati europei.
Come documenta la stessa Nato, esso è concepito per proteggere anzitutto non le popolazioni e il territorio, ma le «forze schierate», ossia quelle dispiegate per operazioni belliche in aree esterne al territorio geografico dell’Alleanza. Il sistema, denominato Active Layered Theatre Ballistic Missile Defence System (Altbmd), dovrebbe essere in grado di intercettare i missili balistici a corto e medio raggio (con gittata massima di 3.000 km). Il programma Altbmd, avviato nel 2005 dopo uno studio di fattibilità durato sette anni con la partecipazione di otto paesi tra cui l’Italia, è diretto da un generale di brigata italiano, Alessandro Pera. Il sistema, che ha raggiunto quest’anno la prima capacità operativa, dovrebbe essere messo a punto entro il 2018.
Il sistema per la protezione delle «forze schierate» serve ora come base del «sistema di difesa missilistica per la protezione del territorio della Nato», che gli Usa realizzeranno in Europa con l’assenso e la collaborazione degli alleati. Nella prima fase, che sarà completata nel 2011, gli Usa dislocheranno in Europa missili intercettori Sm-3 a bordo di navi da guerra. Nella seconda, che diverrà operativa verso il 2015, installeranno una versione potenziata di questo missile, con base a terra, nell’Europa centrale e meridionale. Romania e Bulgaria hanno già messo a disposizione il proprio territorio. In Polonia è già in corso l’installazione di una batteria di missili Patriot, gestita da una squadra di soldati Usa, nella città baltica di Morag, a circa 50 km dal confine con la Russia. Arriveranno quindi gli Sm-3 a bordo di navi Usa, dislocate nel Mar Baltico e, successivamente, i missili potenziati con base a terra. Il radar fisso, che avrebbe dovuto essere installato nella Repubblica ceca, verrà sostituito da un più efficiente sistema basato su aerei, satelliti e sensori terrestri. Anche l’Italia, certamente, ospiterà missili e altri componenti dello «scudo» Usa. Lo conferma indirettamente lo stesso Gates, quando parla della loro installazione nell’Europa meridionale.
A Washington hanno continuato a ripetere che lo «scudo» in Europa non è diretto contro la Russia, ma servirà a fronteggiare la minaccia dei missili iraniani. A Mosca lo hanno invece considerato finora un tentativo di acquisire un decisivo vantaggio strategico sulla Russia. E’ infatti chiaro che il nuovo piano prevede, rispetto al precedente, un numero maggiore di missili dislocati ancora più a ridosso del territorio russo. Inoltre, poiché saranno gli Usa a controllarli, nessuno potrà sapere se sono intercettori o missili per l’attacco nucleare. E, con i nuovi sistemi aviotrasportati e satellitari, il Pentagono potrà monitorare il territorio russo più efficacemente di quanto è in grado di fare oggi.
I timori della Russia, che ha finora detto di voler contrastare lo «scudo» con «metodi adeguati e asimmetrici», sono terminati? Ci si chiede: quali reali garanzie, non semplicemenrte verbali, ha dato Washington a Mosca per dimostrare che lo «scudo» non sarà usato anche contro la Russia? O quale merce di scambio ha dato perché Mosca non si opponga? E l’eventuale consenso di Mosca non sarà semplicemente una mossa diplomatica? Comunque sia, una cosa è certa: lo «scudo» sarà non una protezione ma una cappa di piombo che peserà sul futuro dell’Europa.
(il manifesto, 21 novembre 2010)